di Massimo Bambara
Se arrivi a fine marzo in piena corsa su tutte le competizioni, dopo esserti aggiudicato già l'unico trofeo stagionale, ossia la Supercoppa di Pechino, significa che sei competitivo.
Se lo fai in una stagione pazzesca in cui il solo Emanuelson è l'unico giocatore risparmiato dalla incredibile sequela di infortuni, allora le dimensioni della tua impresa diventano maggiori ed assume pregnante valore qualsiasi vittoria che ti ha condotto fin qui.
La stagione del Milan, ad oggi, è questa, e pensarla, anche soltanto immaginarla, all'inizio dell'estate, era esercizio di fantasia tutt'altro che semplicistico.
Basti pensare che, causa infortuni, il Milan ha avuto solo per due mesi Cassano, perfetto collante tecnico tra centrocampo ed attacco, nonchè miglior creativo in rosa, capace di valorizzare come nessuno Ibrahimovic.
E se a Cassano si aggiunge Pato, praticamente quasi sempre in infermeria, con un solo gol all'attivo in campionato, per giunta in una gara già decisa, l'attacco iniziale del Milan risulta dimezzato.
Qui stanno i meriti di Allegri. Se in una stagione sportiva riesci a fare a meno senza contraccolpi di Pato e Cassano significa che hai creato qualcosa di stabile, un gioco corale che va oltre le doti del singolo.
Non è un caso infatti che il Milan di quest'anno nelle 6 partite giocate senza Ibra abbia un'ottima media punti e che, nella stagione passata, senza Ibra abbia perso una sola volta, a Palermo.
Se a questi elementi si aggiunge l'indisponibilità cronica di Boateng per quasi tre mesi, ossia del giocatore capace di sparigliare le carte e di aggredire la partita a strappi quando è bloccata su una inerzia galleggiante, si capisce che, nella stagione del Milan, c'è stata qualcosa che è andata al di là del puro aspetto tecnico: si chiama forza morale.
Una dote, un pregio, che non sempre è facile tirare fuori. La squadra l'ha fatto, l'allenatore è stato bravo nello stimolare le corde e le emozioni giuste dei giocatori.
A 50 giorni dalla fine del campionato questa squadra merita sostegno e rispetto incondizionato per quanto fatto e per le oggettive condizioni di difficoltà in cui il tutto è stato realizzato.
Come andrà a finire nessuno può saperlo, ma il sospetto che sia una stagione da vivere fino in fondo esiste ed è concreto. Con la speranza, forte, di poter alzare al cielo qualcosa che meritiamo e che vogliamo |
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