"Some will win, some will lose some were born to sing the blues oh, the movie never ends it goes on and on and on and on."
Il general manager della squadra di baseball degli Oakland Athletics, Billy Beane, è costretto a far fronte alla situazione critica in cui versa il team dopo che i giocatori migliori se ne sono andati attirati da contratti più vantaggiosi.
Durante un incontro con i Cleveland Indians, conosce Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale che ha idee innovative su come valutare la qualità dei giocatori.
Nonostante le opposizioni, le teorie di Peter, appoggiate da Billy, portano a risultati insperati rivoluzionando le vite di tutti.
Moneyball è uno straordinario film sullo sport, ma a cui lo sport sta stretto.
E’ esso stesso una metafora dell’ossessione tutta americana per vincenti e perdenti.
Una nazione fondata sul mito della seconda opportunità deve fare i conti continuamente con i suoi fallimenti, la sua inadeguatezza, il rischio di perdere tutto, proprio quando le cose sembrano mettersi per il verso giusto.
Billy Beane ha visto il lato oscuro di quel sogno di gloria, che lo sport professionistico americano perpetua in continuazione.
Ha creduto in quel sogno e si è ritrovato a vivere uan vita di sconfitte e delusioni.
C’è tutta la crudeltà dell’America nei suoi dialoghi pungenti e nelle sue vittorie effimere.
E’ un paese di sconfitti.
La visione del baseball che il film ci propone è molto interessante, per niente scontata, e dietro di essa ovviamente c'è l'America come ognuno vorrebbe che fosse.
Magari anche ferita e rabbiosa, ma sempre disposta a credere nel miglioramento collettivo.
E poi c'è un uomo silenzioso, abituato a fare il pieno di delusioni nella vita: una promettente carriera da battitore tramontata, un matrimonio chiuso e una figlia che vede di rado.
Moneyball racconta una delle imprese più incredibili della storia di uno sport fantastico, simbolo degli Usa e qui da noi purtroppo molto poco conosciuto e giocato.
I distributori italiani hanno scelto per Moneyball, il titolo più semplice “L’arte di vincere”.
Come al solito non hanno capito nulla: qui non si tratta di vincere sul campo, quanto di comprendere l’amarezza di un sistema che produce frustrazioni ed insicurezze, anche in chi ha giocato la sua sfida più grande.
Perché Bean la sua vittoria personale non l’assaporerà mai pienamente.
Lui è un vero romantico e come dice nel film: “quando si ha a che fare con il baseball, è impossibile non esserlo”.
Perché diventa metafora fedele per le vicissitudini di una vita.
Come si fa a non essere romantici con il baseball?
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